Si avvicina l’estate e dunque cresce la possibilità di praticare sport all’aria aperta, per vivere serenamente in out-door. Sia per i professionisti che per i semplici appassionati, è necessario esporsi al sole con prudenza e consapevolezza dei danni che una foto-esposizione scorretta può comportare, a breve e lungo termine.
La prima domanda che ci si pone è “quando sia più indicato fare sport?”. Gli orari ideali sono quelli della mattina presto, fino alle 10: il sole non è alto e si giova ancora del fresco della notte. Il tramonto potrebbe essere un altro buon momento, ma in genere in estate le temperature sono ancora alte, il terreno ha accumulato calore durante il giorno ed inoltre…aumenta il rischio di essere punti dagli insetti, soprattutto dalle zanzare.
La successiva domanda è “come difendersi dal sole mentre si pratica uno sport?”. La prima regola, per qualsiasi sport effettuato all’aria aperta, è utilizzare un prodotto di protezione solare., ma quando e come applicarlo? L’ideale è circa 20-30 minuti prima di esporsi, lasciando il tempo alla crema di aderire bene alla pelle ed asciugarsi (non di penetrare/assorbirsi, visto che le creme solari devono anzi rimanere in superficie per esplicare meglio la loro azione!). Il tempo medio tra una ri-applicazione e l’altra normalmente è di due ore, ma se l’attività è intensa e la sudorazione abbondante, questo tempo si dovrebbe ridurre ad un’ora o anche meno. Il sudore, infatti, impedisce alla crema solare applicata di svolgere bene il suo ruolo; tecnicamente, la traspirazione influisce negativamente sulle prestazioni di un prodotto solare indebolendone la permanenza e l’uniformità attraverso l’attivazione di due meccanismi, vale a dire il “lavaggio” della protezione solare e la sua ridistribuzione. Questo implica che, quando si suda, bisogna riapplicare il solare più frequentemente e nelle giuste quantità, oltre a preferire formulazioni water-proof (resistenti all’acqua), più resistenti al “lavaggio” di acqua e sudore; i moderni solari water-proof/water resistant sono dotati di tecnologie specifiche, come l’utilizzo di filmogeni idrofobici o di piccole particelle idro-assorbenti, che li rendono piuttosto resistenti all’azione del sudore.
Oltre alla resistenza all’acqua, quali altre caratteristiche deve possedere un prodotto solare adatto per gli sportivi? La tipologia di filtro, chimico per assorbire la radiazione o fisico per rifletterla, non è un fattore determinante nella scelta di un prodotto solare per chi fa sport all’aperto; oggi, infatti, buona parte dei solari contiene un mix bilanciato di filtri chimici e fisici, che coniuga efficacia protettiva e texture gradevoli.
Per chi fa sport outdoor è meglio scegliere formulazioni dalla consistenza leggera, come lozioni o latti spray, che si stendono con facilità e si asciugano più rapidamente, consentendo maggior traspirazione della pelle rispetto a prodotti più ricchi, come creme, oli e balsami. In genere questo tipo di texture è apprezzata anche dagli uomini, a cui solitamente non piace cospargersi di crema. Gli spray solari sono i prodotti più pratici, in quanto possono essere applicati facilmente e riapplicati più rapidamente durante le pause (ponendo attenzione a non inalare al momento dell’applicazione); va considerato però che gli spray possono risultare difficili da dosare e si corre più spesso il rischio di utilizzare quantità insufficienti di prodotto.
Considerando inoltre l’effetto del sudore, che può diminuire l’efficacia protettiva del solare applicato, vanno preferite formulazioni (“water-proof” /” water resistant”) e comunque è sempre meglio scegliere un fattore di protezione alto o molto alto, ovvero SPF 50 o 50+. In generaleil prodotto solare deve schermare dai raggi UVB, ma anche dagli UVA e dalla luce visibile (tutte informazioni da trovare nel packaging, in etichetta, in modo che la protezione sia efficace non solo verso eritemi e scottature, ma anche verso i danni a lungo termine della foto-esposizione, come il fotoinvecchiamento e il rischio di sviluppare tumori cutanei.
Dal punto di vista ecologico, in particolare per gli sport acquatici in mare, meglio preferire solari con minor impatto sull’ambiente marino; alcuni filtri chimici sono infatti dannosi per l’ecosistema marino e in particolare per le barriere coralline.
In ogni caso meglio scegliere prodotti solari privi di profumo, visto che le sostanze utilizzate a scopo profumante costituiscono, all’interno dei cosmetici, la categoria di “allergeni” che più frequentemente causa dermatiti allergiche.
Per quanto riguarda le zone da proteggere, va sottolineato che una zona troppo spesso trascurata, da sportivi e non, è quella delle labbra; anche quest’area può scottarsi e, alla lunga se non protette adeguatamente, subire gravi danni (come ad esempio la cheilite attinica, un’alterazione precancerosa che insorge in soggetti dalla carnagione chiara per effetto cumulativo del sole, più spesso nel labbro inferiore ovvero il più esposto alle radiazioni); ci sono molti stick protettivi con SPF 50+ utilizzabili in questo distretto, dotati di un buon potere idratante ed emolliente oltre che foto-protettivo.
C’è differenza tra uno sport e l’altro in termini di fotoesposizione? Gli sport acquatici, sia in mare che in piscine all’aperto, comportano un rischio maggiore poiché l’acqua riflette parte della radiazione solare, amplificandone l’effetto; la restante parte della radiazione, invece, penetra la superficie dell’acqua e viene assorbita o diffusa, perciò anche la parte sommersa del corpo ne è colpita anche se in misura minore. Consideriamo che l’acqua del mare, soprattutto se agitato o con schiuma, riflette circa il 20-25% delle radiazioni UV. La quota di riflessione dei raggi UV aumenta se la superficie dell’acqua è ghiacciata ed è per questo che bisogna proteggersi molto bene dal sole sulla neve o sui ghiacciai, dove la riflessione raggiunge una quota altissima, fino all’80%; questo si somma al fatto che in montagna i livelli di UV sono più alti proporzionalmente al crescere dell’altitudine (ogni 1000 m di altezza i livelli di UV crescono del 10-12%).
Per questo tipo di sport, le formulazioni water-proof/water-resistant sono necessarie, sottolineando però che anche un prodotto testato per la resistenza all’acqua può perdere fino al 50% della sua efficacia protettiva dopo un’immersione o un bagno e per questo motivo va comunque riapplicato quando si esce dall’acqua.
Per chi gioca a beach volley invece, bisogna considerare che i raggi del sole vengono riflessi non solo dall’acqua ma anche dalla sabbia asciutta della spiaggia che riflette circa il 15% delle radiazioni. Inoltre, granelli di sabbia possono attaccarsi alla pelle diminuendo l’efficacia dei prodotti solari, con un rischio di scottature più alto.
E per quanto riguarda l’abbigliamento “tecnico” per gli sportivi?
Sono disponibili sul mercato, già da qualche anno, indumenti UV-protettivi, progettati per offrire un certo grado di protezione dai raggi solari, esposto in etichetta. Analogamente a quanto avviene con l’SPF (Sun Protection Factor) delle creme solari, la capacità protettiva dalle radiazioni di un particolare indumento si valuta con un indicatore, ovvero l’UVP (Ultraviolet Protection Factor); questo numero indica la quantità di radiazioni UVA e UVB che vengono bloccate da un particolare tessuto. Per fare un esempio, una comune maglietta bianca di cotone ha un UPF molto basso, circa 3 o 5. Un capo di abbigliamento tecnico che offre almeno un UPF 30, in cui cioè soltanto 1/30 delle radiazioni del sole raggiunge la pelle, fornisce già un buon grado di protezione; i tessuti più performanti raggiungono un UPF 50 o 50+.
Anche gli indumenti non specificati come “protettivi dal sole” sono in grado di bloccare i raggi UV con efficacia variabile, a seconda del colore, della trama o del modello specifico. In generale, tessuti elasticizzati e aderenti, bianchi o che assorbono il sudore, risultano meno protettivi di indumenti scuri colorati blu, nero, rosso.
Per quanto riguarda le fibre, materiali dall’intreccio fitto come tela, lana o tessuti sintetici o semisintetici come il poliestere, sono più protettivi rispetto a tessuti naturali a trama larga come ad esempio il cotone, che tendono ad essere più leggeri e quindi lasciano passare più radiazioni.
Utilissimi i cappelli, specialmente i modelli che coprano non solo il cuoio capelluto ma anche viso, orecchie e collo, e gli occhiali con protezione dagli UV, poiché come noto anche gli occhi risentono degli effetti negativi della radiazione solare.
⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀Redazione AIDECO
⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀In collaborazione con la Dr.ssa C. Bussoletti, dermatologa