La pelle nelle varie razze umane cambia colore, ma cambia anche altro?

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IV PARTE: LE RISPOSTE CUTANEE NELLE DIVERSE RAZZE


Irritazione e sensibilizzazione

La pelle nera è ritenuta più resistente di quella bianca ad un’irritazione chimica e ciò viene confermato da alcuni studi, probabilmente perché la pelle nera ha minore capacità di assorbimento. Nel soggetto bianco, l’uso prolungato di prodotti comedogenici determina un’eruzione infiammatoria, papulo-pustolosa, con disorganizzazione del follicolo pilifero, solo secondariamente caratterizzata dalla comparsa di comedoni.

Invece nella pelle nera, l’acne indotta da un eccessivo utilizzo di sostanze grasse, determina un’eruzione acneiforme monomorfa con comedoni e microcisti sulla fronte e sulle tempie, L’aspetto è clinicamente e istologicamente quello dell’acne volgare, ma sono rari gli elementi infiammatori papulo-pustolosi.Questo dimostra chiaramente che esiste un diverso tipo di reattività tra i due tipi di cute, infatti nei soggetti di pelle bianca compare un’infiammazione precoce, con rottura delle pareti e versamento del contenuto del follicolo nel derma, mentre nei soggetti di pelle nera esiste una risposta di tipo proliferativo con produzione in eccesso e ritenzione delle cellule cornee. Proprio per questo motivo, il follicolo pilosebaceo del soggetto nero è più robusto e più suscettibile a una reazione di tipo ipercheratosico e la reattività cutanea agli irritanti, invece, dipende dalla diversa permeabilità.Nel soggetto di pelle nera inoltre, sono più rilevanti effetti collaterali come le lichenificazione e la iperpigmentazione. Gli allergeni più spesso coinvolti nell’insorgenza di allergia sono gli stessi sia nei bianchi sia nei neri.

TABELLA n. 1
Classificazione del fototipo secondo Fitzpatrick

Effetti dei raggi ultravioletti sul sistema immunitario.

Gli UVB alterano la funzione delle cellule di Langerhans e determinano una immunosoppressione temporanea. L’epidermide del soggetto nero conferisce certamente una maggiore protezione alle cellule di Langerhans rispetto a quella del soggetto bianco, ma in entrambi i casi la fotoprotezione non è sufficiente a prevenire questa riduzione. Nel soggetto bianco, dopo una irradiazione di UV, le cellule di Langerhans passano nell’epidermide da una posizione media a una posizione basale, mentre nel nero accade l’inverso (da una posizione basale passano a una media).

La fotoprotezione

Lo strato corneo risulta essere una naturale barriera di protezione nei confronti del sole. Il fattore di protezione viene calcolato come il rapporto tra la dose minima eritematogena (MED cute protetta) sulla pelle con protezione e la dose minima eritematogena sulla cute senza protezione (MED cute non protetta). Ovviamente l’epidermide dei soggetti neri è quattro volte più protettiva di quella dei soggetti bianchi, nei confronti degli UVB. Anche nel soggetto di colore la melanina non è un fattore protettivo determinante. Per quanto si riferisce agli UVA, la trasmissione media dell’epidermide risulta essere del 17,5% nel soggetto nero, mentre del 55,5% nel caucasico. Secondo i diversi autori la MED del soggetto con pelle nera è da 10 a 30 volte superiore a quella del bianco, ma in questo caso, per questioni oggettive, è difficile determinare accuratamente il livello di eritema.

Le reazioni fotomediate

Le reazioni fototossiche nella pelle nera sono meno frequenti rispetto a quelle della pelle bianca, così come lo sono le patologie da esposizione solare cronica (cheratosi attiniche, cheratoacantomi, carcinomi baso e spinocellulari e invecchiamento cutaneo), dovute ad assorbimento di alte dosi cumulative e prolungate nel tempo di raggi UVA e UVB. Tuttavia nella pelle nera si riscontrano fotosensibilizzazioni da farmaci e da contatto .

La sintesi cutanea di vitamina D

La sintesi cutanea di vitamina D è l’effetto benefico essenziale delle radiazioni UV nell’uomo ed è identica in tutti i diversi fenotipi. La vitamina D viene prodotta nella parte profonda dell’epidermide sotto l’azione degli UVB (290-320 nm), ma una quantità quattro volte inferiore di UVB arriva a questo livello nel soggetto nero e sembra dunque in tal caso ragionevole immaginare un maggior rischio di carenza di vitamina D (la melanina determina uno schermo che riduce considerevolmente la penetrazione dei raggi UVB). Ciononostante, quando l’esposizione al sole è ripetuta, la pelle nera è comunque in grado di produrre quantità sufficienti di vitamina D, anche se i tempi di esposizione sono molto più lunghi.