DETERGENZA ED INFLUENZA SUL MICROBIOMA: STUDIO PRELIMINARE
Oltre che “mediatore” con l’ambiente esterno, la pelle ospita un vero e proprio habitat ricco di “tasche, nicchie, invaginazioni” le quali accolgono un’ampia e varia quantità di batteri, virus, funghi e acari: tutto ciò nell’insieme, definisce il microbiota cutaneo, il cui patrimonio genetico costituisce invece l’ormai noto microbioma.
Le comunità microbiche sono cruciali per l’adempimento di molte funzioni fisiologiche, come la modulazione del sistema immunitario e la modulazione della proliferazione dei batteri patogeni.
La loro colonizzazione si differenzia in base all’età, al sesso, all’ecosistema locale che, per la cute, include diversi parametri tra cui la quantità di sebo, i valori di pH, il livello di umidità e altre caratteristiche distrettuali (Figura 1).
Figura 1: I diversi habitat cutanei
Fonte: Sanford A. J., Gallo R. L.: “Functions of the skin microbiota in health and diseas”, Semin Immunol, 2013 Nov 30;25(5):370-7)
TORNARE AL SOLE IN SICUREZZA
Lockdown e confinamento post fase 1 sono almeno per ora superati ed è ora necessario guardare coscienziosamente al futuro per stabilire comportamenti, abitudini e stili di vita sani, anche per la pelle. Come “effetto rebound” questo periodo di quarantena ha senza dubbio scatenato un desiderio, spesso sconsiderato, di giornate all’aria aperta, al mare, in campagna o in città, per godere i benefici del primo sole estivo che, sì scalda, ma induce anche scottature.
“Organo cute” ed esposizione solare hanno da sempre un rapporto complicato e fortemente contrastato: rischi o benefici del sole? Fotoprotezione sì o fotoprotezione no? Se sì, perché auspicabile, come?
DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO DA COSMETICI NATURALI
Nell’era dell’industrializzazione e dell’inquinamento, abbiamo voglia di un ritorno alla natura, la madre di tutte le cure. Dagli antichi decotti, alle erbe monastiche ed ai preparati degli "speziali", fino ai "rimedi naturali" dei giorni nostri, reperibili anche online: in ogni epoca, l’uomo ha ricercato e continua a cercare nella natura le soluzioni ai suoi mali.
Secondo la WHO, circa l’80% della popolazione mondiale ricorre tuttora a rimedi naturali per le cure primarie, specie di problematiche cutanee (1).
L’antica tradizione dell’erboristeria trova oggi nuovo impulso nella fitoterapia e fitocosmesi.
In realtà, gli effetti benefici di parecchie piante sono noti sulla base di dati storici ed aneddotici, più che su veri studi scientifici.
Oltre ai fitoderivati usati con intento terapeutico, estratti naturali sono presenti in percentuali variabili in tantissimi cosmetici, non solo di erboristeria, ma anche di profumeria, supermercato e farmacia, cioè perfino nei dermocosmetici.
In Italia il mercato dei prodotti naturali è particolarmente florido, grazie ad una legislazione per integratori e cosmetici molto più permissiva di quella inerente ai farmaci, ben più restrittiva (2).
LA CUTE SENSIBILE
Con il termine cute fragile o sensibile si intende un complesso di sintomi oggettivi e soggettivi non ancora interamente identificati e standardizzati. La definizione di cute sensibile più appropriata è stata pubblicata recentemente ed è stata definita come una "sindrome caratterizzata dalla presenza di sensazioni spiacevoli (pizzicore, bruciore, prurito, etc.) in presenza di stimoli che normalmente non dovrebbero indurre queste risposte". Queste sensazioni non sono sttribuibili a nessuna patologia cutanea in atto. La pelle può apparire normale o lievemente eritematosa. La cute sensibile può interessare tutte le parti del corpo ma in particolare il volto (1).
Numerosi lavori in letteratura hanno cercato di caratterizzare gli aspetti patofisiologici e biofisici della cute sensibile. Fino a qualche anno fa era associata a fotosensibilità e/o reazioni da contatto particolarmente in soggetti che avevano fatto uso di cosmetici. Per questo motivo era anche chiamata "status cosmetico" o "irritazione chemosensoriale". In effetti, il primo lavoro che parla di pelle sensibile è stato pubblicato da Kligman e Frosh negli anni '70 e descriveva l'aumentata fotoreattività di soggetti di fototipo chiaro e la iperreattività all'acido lattico applicato localmente sviluppando così lo "stinging test" (2).
PRURIGO CRONICA: UN NUOVO NOME PER UNA “VECCHIA” CONOSCENZA
Il termine “prurigo” viene utilizzato in Dermatologia da più di duecento anni ad indicare una condizione clinica caratterizzata da prurito cronico e lesioni a tipo papula, nodulo o placca con distribuzione corporea simmetrica. Nel corso della storia sono stati aggiunte svariati attribut i a questa condizione pruriginosa, generando numerosi termini (prurigo nodulare di Hyde, prurigo di Besnier, prurigo pigmentosa etc.) e una certa confusione terminologica.
Il tipico paziente affetto da “prurigo nodulare”, così come viene identificato nella pratica clinica quotidiana, si presenta con numerose lesioni nodulari escoriate, a distribuzione simmetrica, con estensione localizzata o generalizzata, ma sempre associate a prurito e grattamento cronico. In genere si tratta di pazienti di età adulta, che lamentano una sintomatologia pruriginosa intensa, disturbi del sonno e sintomi di ansia/depressione. È considerata tra le condizioni dermatologiche con il prurito più intenso e invalidante, tale da determinare un considerevole impatto sulla qualità di vita del paziente.
Un recente consensus europea, nel contesto della EADV (European Academy of Dermatology and Venereology), ha cercato di ridefinire questo problema e proporre un nuovo termine, quello di “prurigo cronica”, con il fine di semplificare l’inquadramento nosologico di questa condizione.
EVIDENZE SUI CAMBIAMENTI STAGIONALI DELLA PELLE: UNO STUDIO SU FILAGGRINA E TEXTURE DELLA SUPERFICIE CORNEA
Sembra ormai accreditato che lo stato di benessere della pelle sia soggetto alla ciclicità delle stagioni. Anche se alcune di queste risultano più favorevoli ed altre meno al normale metabolismo della pelle, in realtà la questione è più complessa. Se non altro perché, a causa del cambiamento climatico, non è più così scontato dividere la popolazione per territorio e relativi fattori ambientali. L’altro elemento con cui ci si dovrà confrontare in modo sistematico è inoltre l’inquinamento atmosferico che non poco influisce (e sempre più minaccerà) la fisiologia cutanea.
È noto quanto le diverse stagioni devono essere approcciate dalla pelle in modo diverso, basti ricordare la protezione a barriera dai geli invernali e l’obbligo di protezione solare in estate. Ma non tutto si esaurisce così. Nei territori a clima temperato (Europa compresa) durante i mesi invernali l’epidermide è sottoposta a maggiori sollecitazioni e può soffrire di più: film idrolipidico e barriera protettiva devono essere supportati nel mettere in atto il loro meccanismo di difesa nei confronti delle rigide temperature; in primavera l’inizio di una maggiore esposizione all’ambiente esterno (attività in outdoor) determina i primi danni da UV ed espone maggiormente al contatto con potenziali allergeni; l’estate è la stagione dello stress cutaneo da fattori esterni (eritema da UV, irritazione da salsedine, cloro); l’autunno è il periodo della “riparazione” e della prevenzione del freddo che arriverà.